Cookie Consent by Free Privacy Policy website Agroalimentare. Nustriscore: perché una misura a tutela del consumatore stenta a decollare?
dicembre 03, 2021 - NEUROVENDITA Lab

Agroalimentare. Nustriscore: perché una misura a tutela del consumatore stenta a decollare?

L'opinione del legale e dello psicologo dei consumi a confronto.

Tra gli imputati sul banco: il sistema a colori dell'etichetta Nutriscore e il potenziale danno per i prodotti italiani
È di qualche giorno fa il dibattito innescato dalla "bocciatura" della famosa etichetta a semaforo Nutriscore, nata in Francia con l'intento di invitare i consumatori a uno stile alimentare più corretto e finita nel mirino dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Perché una iniziativa che nasce invece con l'obiettivo di tutelare della salute dei consumatori stenta a decollare?

Facendo un passo indietro, Nutriscore è utilizzato in Francia fin dal 2017. Consiste in una etichetta che completa la dichiarazione nutrizionale obbligatoria stabilita dalla normativa dell'Unione europea. Si basa su una classificazione dei prodotti alimentari in cinque categorie, con un punteggio attribuito tramite un complesso algoritmo che penalizza la presenza di elementi "sfavorevoli" (energia, acidi grassi saturi, zuccheri semplici, sodio) e valorizza quelli "favorevoli" (percentuale di frutta, verdura, leguminose e oleaginose, fibre, proteine). Questi ultimi sono ricompresi nella categoria A (verde), mentre quelli con i punteggi scarsi sono assegnati alla categoria E (rosso).

Molti paesi, tra i quali l'Italia, lo stanno mettendo in discussione, sia a livello istituzionale, sia come associazioni di categoria, perché – secondo quanto dichiarato tra gli altri anche dall'Unione Nazionale Consumatori- potrebbe rivelarsi uno strumento fuorviante per chi acquista (il calcolo è infatti basato su 100 grammi di prodotto e non sulla porzione effettiva che si consuma, penalizzando così quelli che si utilizzano in piccola quantità, come l'olio extravergine di oliva che avrebbe un colore vicino al rosso anche se in pratica ne basta un cucchiaio per condire un'insalata). Tutto questo mentre all'orizzonte si profila la proposta legislativa che la Commissione Europea presenterà entro la fine del 2022 per introdurre un'etichetta informativa per i prodotti alimentari, obbligatoria e uniforme su tutto il territorio dell'Ue.

Quali le ragioni che sembrano essere dietro a questa bocciatura?

Dal punto di vista legale l'avvocato #antoninolalumia, fondatore dello studio Lexalent e consulente in materia #agroalimentare di diverse realtà associative del settore, fa presente  che  "Per rispondere alle esigenze di chiarezza e tracciabilità, l'Unione Europea aveva adottato uno specifico regolamento sull'etichettatura degli alimenti (n. 1169/2011) contenente proprio alcune nuove disposizioni accessorie nutrizionali sul front of packaging (f.o.p.), con le modalità applicative dell'etichettatura degli alimenti, anche in riferimento alla loro origine. Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 20 ottobre 2021 sulla strategia Farm to Fork per la diffusione di regimi alimentari sostenibili, sani e rispettosi degli animali, ha inoltre riconosciuto le etichette nutrizionali come strumenti chiave per aiutare i consumatori a fare scelte alimentari più informate, più equilibrate e più sane e ha inviato la Commissione a garantire un'etichetta nutrizionale obbligatoria e armonizzata a livello dell'UE, basata su dati scientifici validi e indipendenti e su una comprovata comprensione". Le Lumia continua "E' proprio sul come dare attuazione a tale normativa di dettaglio che si è scatenata, nei singoli Paesi dell'UE, una vera e propria battaglia delle etichette: il punto più delicato, infatti, è scegliere uno strumento che miri alla tutela dei consumatori, in grado di orientare oggettivamente gli acquisti, senza introdurre elementi che anche inconsciamente possano indirizzare la scelta sotto il profilo commerciale".

Secondo #lorenzodornetti, psicologo esperto di consumi e Ceo di Neurovendita, invece, "Il sistema Nutriscore  si basa su un meccanismo psicologico noto: il nudge, la cosiddetta Spinta Gentile di Thaler. L'idea è che serva dare una spinta alla razionalità, lasciando sempre e comunque le persone libere di decidere, da qui il nome di Spinta Gentile. Uno dei primi esperimenti sul nudge, concetto che ha valso a Richard H. Thaler il Nobel per l'economia nel 2017, riguarda proprio le decisioni dei consumatori al supermercato. Partendo dall'idea che mangiare molta frutta e verdura sia salutare e che malgrado le informazioni sulla piramide alimentare le persone non cambiavano i carrelli della spesa, Thaler applica il principio psicologico del risparmio energetico: le decisioni sono più facili quando sono meno faticose. Chiede dunque a molti supermercati di mettere il reparto frutta e verdura come prima area, immediatamente dopo l'ingresso: secondo la sua ipotesi a parità di informazioni, le persone avrebbero acquistato più frutta e verdura perché meno affaticate mentalmente (per aver fatto molte scelte tra gli scaffali) e fisicamente (con il carrello ancora vuoto). I dati confermano che quando il reparto di frutta e verdura è il primo, le persone comprano più frutta e verdura. Ecco la spinta gentile in azione".

"La spinta gentile, quando supportata da solida ricerca neuroscientifica è dunque estremamente efficace, nel senso che impatta sulle decisioni delle persone - prosegue Dornetti -. Il sistema nervoso infatti è una macchina visiva, visto che il 33% dei neuroni sono deputati a questa funzione, mentre il cervello fatica a capire i numeri e decidere in coerenza con essi. Un meccanismo sfruttato per esempio da molti sistemi di consulenza finanziaria che evidenziano con i colori il livello di rischio dei prodotti. Associare rossi, gialli e verdi a diverse intensità ai diversi fondi d'investimento aiuta a far capire al cliente il livello di rischio delle proprie decisioni sui mercati finanziari in termini di volatilità, potenziale perdita del capitale, valutazione dell'asset in termini di rating. I dati dimostrano che le persone tendono ad avere maggiore consapevolezza di ciò che stanno facendo, anche se spostano verso l'eccessiva prudenza i propri investimenti".

"L'obiettivo del Nutriscore è spingere gentilmente le persone verso una scelta di prodotti più sani sfruttando l'euristica semplificata dei colori - aggiunge Dornetti -. La sua applicazione è ancora poco diffusa per avere dati solidi; tuttavia, è altamente probabile che influenzi le decisioni dei consumatori e che avvenga quello che accade in finanza. Le persone tenderanno alla prudenza, scegliendo a cuor leggero, i cibi indicati con più sani, riducendo i consumi dei cibi indicati come rossi"

Per questo, il nostro Paese, anche attraverso una serie di recenti mozioni parlamentari e l'azione del Ministero delle Politiche agricole, ha proposto, in alternativa, la NutrInform Battery, una versione più ponderata dell'etichetta, basata sulle reali quantità di singoli ingredienti e nutrienti presenti nei cibi, che permetterebbe ai consumatori di comprendere le informazioni nutrizionali in modo rilevante, chiaro e completo.

"Anche dal punto di vista legale - conclude La Lumia - la questione merita una seria riflessione, perché l'obiettivo primario della normativa è la tutela dei consumatori, nell'ottica più ampia che mira a diffondere la cultura del cibo sano: nello stesso tempo, non si possono danneggiare i produttori. Ecco perché non è un caso che l'Autorità Garante abbia avviato un'istruttoria: occorre evitare che vi siano condizionamenti nelle scelte degli acquirenti e che, in assenza di adeguate avvertenze, i punteggi vengano erroneamente considerati come valutazioni assolute sulla qualità salutistiche di un determinato prodotto. In questo modo, si rischia seriamente di ledere immagine e la forza di mercato delle eccellenze del Made in Italy che fondano tradizionalmente il loro successo sull'altissima qualità delle materie prima e sul controllo delle filiere di produzione. Uno strumento di classificazione che attribuisca patenti di salubrità, non tenendo conto della quantità e della frequenza di assunzione all'interno di un regime alimentare equilibrato, può rappresentare anche un grave elemento di distorsione della concorrenza".

Sul punto, il Parlamento europeo ha espressamente esortato la Commissione "a tenere debitamente conto delle caratteristiche specifiche dei prodotti con un solo ingrediente e dei prodotti rientranti nei regimi di qualità europei (DOP, IGP, IG ecc.), in particolare l'invariabilità della loro composizione": nel contempo, ha voluto evidenziare che qualsiasi considerazione in merito a potenziali esenzioni dovrebbe essere frutto di un ragionamento scientifico.